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I fiori fuoco d'artificio


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Un testo un po' insolito ... ecco il SERVIZIO ....

 

Fiori nudi, quasi senza petali. Spregiudicati, moderni, tutto sesso, con stami e pistilli pirotecnici. Fiori novità del 2000, di moda, oltre che per il design insolito, per l'incredibile durata in vaso, una volta recisi.

I Leucospermum, simili in boccio a puntaspilli, e poi a porcospini, ci giungono già dal Sudafrica, tramite l'Olanda, impacchettati come garofani per raffinate composizioni floreali; e all'Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica d'Antibes, in Francia, si provano sui vari terreni all'aria aperta, molte specie di Protee, Grevillee, Banksie, e Callistemon. E' possibile trovarle, anche in Italia, nei cataloghi dei vivaisti, e avranno certamente un avvenire mediterraneo.

Ma da dove sbucano, all'improvviso, questi fiori mai visti? Sono "fossili viventi", sopravvissuti come l'ornitorinco e canguri in terre lontane, o al contrario dei fiori modernissimi ?

Per capirlo, vediamo un po' da vicino cosa sono i fiori. Anche se spesso vengono presi a simbolo della verginità e della purezza, a parlar chiaro sono gli organi sessuali delle piante. Rivelazione di per sé un po' scioccante, che ci fa vedere all'improvviso un bel mazzo di fiori come un fascio di membri di toro o vulve di gatta; ma volerlo o no, i variopinti sessi del mondo verde ci affascinano, e le loro complesse strategie amorose ci coinvolgono.

Da millenni, infatti, le piante, pur accoppiandosi fra loro, fanno l'amore con gli animali. Un tempo abbandonavano gli spermatozoi all'acqua e al vento, ma oggi, tolte le specie primitive o arcaiche, come i muschi, le felci e le conifere, affidano quasi tutte la loro discendenza agli insetti e agli uccelli, con un trasporto e un coinvolgimento tale, che non è poi tanto azzardato definire amoroso. Li attirano con coloratissime parate nuziali; li seducono con la bellezza e il profumo; li nutrono col nettare; offrono loro un rifugio per la notte e le intemperie; e poi, come nei migliori ménage, li sfruttano, trasformandoli in "postini", più o meno consapevoli, per portare a destinazione il loro polline.

L' "ufficio postale", il luogo d'incontro, è il fiore : una geniale invenzione con cui, circa 100 milioni d'anni fa, nelle foreste pluviali, le piante si sono, in un certo senso, animalizzate. Per conquistar qualcuno, è buona tattica mostrar subito gli stessi gusti, lo stesso punto di vista; e per sedurre gli uccelli, che amano notoriamente i colori, nel Cretacico le piante inventarono una struttura variopinta, il fiore, del tutto estranea al loro mondo verde. Com'era accaduto nella notte dei tempi, con la nascita dei primi animali, generati da una pianta che aveva perso la capacità di fare la fotosintesi, così anche la seconda animalizzazione delle piante avviene con una "perdita". Alcune foglie, cioè, rinunciano alla clorofilla, e si colorano diventando petali. Una metamorfosi che vediamo ancora oggi, in atto, in specie "poco decise", come le Buganvillee, la Stella di Natale o le Bromeliacee, dalle foglie laccate di rosso che sfumano, più giù, nel verde. Fiori o foglie ? Che importa. A noi piacciono, e piacquero 100 milioni d'anni fa agli uccelli.

Tinte sgargianti, forme a cresta che ne imitavano il piumaggio, pressanti inviti a pantagrueliche scorpacciate di nettare con insalatine di petali : i fiori facevano di tutto per sedurli, e gli uccelli si ingozzavano felici. Avevano, è vero, la grazia di un elefante in un negozio di porcellane, ma il polline giungeva preciso a destinazione, anche nella foreste più fitte, dove il vento non era certo di casa.

Con qualche astuzia per proteggere i loro organi genitali e la discendenza dalla voracità di questi partner ingombranti, le piante da fiore prosperavano, e crebbero a tal punto di numero che ben presto la foresta cominciò ad andar stretta.

Le specie più intraprendenti si mossero allora alla conquista delle regioni temperate; ma dove d'inverno la vita vegetativa ha una pausa, dove non c'è abbondanza di frutti tutto l'anno, gli uccelli scarseggiano.

Per un attimo i fiori si guardarono intorno smarriti, e poi, visto che nel cielo ronzavano gli insetti, con un'abile riconversione adattarono i loro petali ai gusti e ai colori della nuova clientela. Il bianco, il blu, e il giallo, con riflessi e disegni visibili all'ultravioletto; macchie e linee convergenti per segnalare la strada del nettare; supporti e poggia-piedi fatti apposta per l'atterraggio dell'ospite; ma anche complessi bilancieri, petali che si chiudono come trappole, e arnesi da sadomasochismo, per impollinare al meglio i malcapitati. In breve misero su dei raffinati "ristorantini" per gente di classe, talora un po' equivoci, ma quasi sempre esclusivi di un certo gruppo d'insetti o di una specie.

Fu un successone, perché gli insetti mangiano meno, rompono meno degli uccelli, e si possono plagiare più facilmente. Un cervello piccolo, ben programmato, con un margine d'imprevidibilità quasi nullo; amanti infaticabili, forse un po' stupidi, ma perfetti, molto, molto precisi. Per milioni d'anni la parola d'ordine dei fiori fu "miniaturizzazione", e le corolle da gigantesche si fecero piccole, piccole. Tanto piccole che poi spesso, né gli uccelli, né le api, le vedevano più.

Molte piante ebbero allora dei ripensamenti. I fiori dei climi freddi, dove la stagione vegetativa è cortissima e in primavera gli insetti sono quasi inesistenti, tornarono a produrre polline in quantità, affidandolo di nuovo al vento, prima dello spuntar delle foglie. E' il caso della betulla, con ben 5 milioni di granuli a gattino ( così i botanici chiamano le "biscioline" di fiori che in marzo-aprile pendono dai rami ), o del nocciolo, con 500 milioni di granuli per albero, una "gioia" per chi soffre d'allergie. E quelle dei climi temperati, dato che una volta fatta una certa scelta evolutiva non è facile tornare indietro, raggrupparono le loro piccole corolle in strutture, simili a grandi fiori, che i botanici chiamano infiore- scenze. E' il caso, da noi, delle margherite, e nell'emisfero sud di molte Proteacee e Mirtacee, spinte spesso a questo passo anche dall'abbondanza di piccoli uccelli mellifagi. Uno dei tanti ritorni ciclici della natura; ma un ritorno con un'ottica diversa, come in montagna, da un tornante più alto. Fiori da uccelli con l'esperienza dei fiori da insetti, col gusto del design e del dettaglio; e fiori da insetti più raffinati, dai contorni più strani. Così nascono i "fiori fuochi d'artificio", per strade spesso diverse, per sedurre amanti spesso diversi, ma con aspetto analogo, quello di una piccola esplosione pirotecnica.

I fiori, come noto, anche se piccoli, raggruppano di solito in un' unica struttura gli elementi maschili ( stami con antere cariche di polline ) e quelli femminili ( ovario con stilo e stigma ). Intorno i petali, liberi o saldati, formano la corolla, l'apparato pubblicitario cui spetta il compito d'attirare gli impollinatori. Ma quando questa manca o, come nel nostro caso, è insignificante, per farsi notare non resta che produrre del buon nettare, ed evidenziare al massimo, ingrandendolo, quel po' che rimane, cioè il sesso.

Le "ragazze" dei fiori sono in genere tradizionaliste e riservate : tengono gli ovuli chiusi in casa, nel ventre del fiore, e aspettano il polline, lo sposo, con una sorta d' "antenna televisiva", lo stilo, che sale su su dall'ovario, e si apre in alto, sul "tetto", con dei grandi baffi o una sfera. Ma le femmine dei Leucospermum in Sudafrica, e delle Grevillea in Australia, vista l'inefficienza dei maschi, e che con uno straccetto di corolla per vestito erano già quasi nude, decisero di mettersi in mostra.

"Basta con i pudori", si son dette, "basta di stare nascoste, basta d'attendere", ed hanno ingigantito i loro stili, colorandoli di giallo, rosso o arancio, con vistose capocchie, gli stigmi, che sottolineano con tinte in contrasto, spesso vistose, il punto più intimo della loro femminilità. Quando il fiore è ancora in boccio, crescono oltre misura; spingono sui poveri maschi, piccoli, appiccicati ai quattro lobi del calicetto, si piegano ad arco e li deflorano. Li lacerano, rubando loro il polline, e dopo averli umiliati li abbandonano mogi mogi in basso, drizzandosi orgogliose come stami, cariche di polline.

Autofecondazione ? Incesto ? No, perché le nostre "femministe", cariche di polline fraterno, per il momento non sono ricettive : prendono la "pillola", e solo dopo aver disperso il polline, infarinando a dovere uccelli e insetti, tornano a sognare, e ad attendere, come tutte le ragazze del mondo dei fiori, il loro Principe azzurro. Lo stigma si fa allora appiccicoso, ricettivo, e il polline proveniente da altre infiorescenze raggiunge l'ovario con un patrimonio genetico diverso. La natura ha orrore della consanguineità, ed anche se per motivi tecnici raggruppa spesso i due sessi nello stesso fiore, fa poi di tutto per evitarla.

E i maschi dei piccoli fiori ? Non sono certo rimasti sempre con le mani in mano. Nelle Melaleuca e i Callistemon, delle mirtacee australiane, hanno creato spesso delle strutture non meno esplosive. Qui le traiettorie pirotecniche sono tracciate dagli stami, anche loro ingrossati e coloratissimi, in autentiche associazioni maschiliste, in cui gli stili affogano in un mare d'antere gialle. E non mancano nemmeno i "solisti", grandi fiori singoli larghi anche 8 cm, come l' Eucalyptus macrocarpa, la "Rosa dell'ovest". Ci sarebbe di che andar fieri, per aver ottenuto, con un sol fiore, l'effetto di centinaia di femministe, ma i maschi degli eucalipti non si accontentano, e si mettono spesso, anche loro, uno accanto all'altro in infiorescenze spettacolari. Nuvole di stami rossi o gialli, un vero trionfo maschilista, come accade con le mimose, che del tutto ignare di dover rappresentare in Italia il movimento delle donne, sono in realtà dei fiori tipicamente fallocratici.

Non mancano, ma sono rare, infiorescenze in cui l'effetto pirotecnico è affidato alle corolle, lunghe e sottili. E' il caso, in Sudafrica, di protee come l' aurea, e in Australia di molte Banksie, come la candolleana o la praemorsa, quando, come nella coccinea o la integrifolia, le femministe non si rifanno vive, con i loro stili e la "danza degli archetti". E' il caso di proteacee strane come gli Isopogon o lo Stenocarpus sinuatus, l'incredibile "Albero dalle ruote di fuoco", dalle vistose corolle scarlatte disposte in gioventù come i raggi d'una ruota.

Le composite, generalmente piatte, non ci offrono molti fuochi d'artificio, ma sempre in Australia, la Waitzia podolepis, stupisce per l'incredibile forma eruttiva. Per sedurre gli insetti in una terra d'esplosioni pirotecniche, non ha potuto, anche lei, fare a meno del design della concorrenza. Giuseppe Mazza

 

http://www.photomazza.com/

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Giuseppe,sei veramente un grande :biggrin: :biggrin:

 

Nei tuoi confronti...le mie foto son ben poca cosa :yes4:

 

Spero che apprezzerai ugualmente i miei "dilettanteschi"sforzi,se non altro...come un modo diverso per dirti...Grazie!!! :wink: :biggrin: :biggrin:

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