Ciao a tutti gli amici.
Ora che anche Giacomo ha fornito la sua risposta al quesito posto da Patrizio, espongo il mio personale punto di vista circa il calpestio dei boschi.
1) il bosco spesso è un ecosistema che si è formato nel tempo, sorretto da un equilibrio a volte molto particolare, sottoposto a diverse sollecitazioni di vario genere (climatiche, geologiche, antropiche, patologiche, incendi, ecc.).
2) Come tutti gli ecosistemi naturali, anche il bosco, ha in se la capacità di autoproteggersi, biodegradarsi e autorigenerarsi, ma entro limiti e tempi che certamente non sono quelli "frenetici e convulsi dell'uomo odierno".
In sostanza un bosco sano e maturo, può ben sopportare un certo livello di impatto ambientale (calpestio moderato, rottura di qualche rametto, sradicamento piccoli arbusti, rifiuti organici, ecc), ma se questo livello dovesse aumentare e fosse su larga scala, allora anche un bosco sano comincerebbe dar segni di "sofferenza".
3) Aggiungiamo poi, che negli ultimi anni, sempre più spesso assistiamo all'avvento di stagioni anomale (carenza di piogge ed elevate temperature), con conseguente stress meteo-idrico sopratutto a carico dell'apparato fogliare.
4) Il sopracitato equlibrio, crea anche le condizioni per l'istaurazione e la crescita dei miceli fungini (simbionti o saprofiti), che a loro volta sono molto "dipendenti" nella loro fruttificazione dalle condizioni meteo-climatiche, ma legati a questa vecchia, ma sempre valida equazione:
"UN BOSCO RICCO DI FUNGHI E' UN BOSCO SANO E RIGOGLIOSO, MENTRE LA SCOMPARSA DEI FUNGHI NE E' INDICE DI DEGRADO E SPESSO NE PRELUDE LA MORTE".
Concordo con Gibbo, che se tutti noi, andando nei boschi e prati con il massimo del rispetto, consapevoli dei danni ambientali che possiamo procurare con le nostre ricerche e cercando per quanto più possibile di prevenirli, sicuramente potremo ipotecare un buon futuro al nostro ambiente boschivo.
Un cordiale e affettuoso saluto a tutti,
Ennio.