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Tutti i contenuti di daiano
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Prima di scendere alla forcella scorgo sotto di me un terrazzo verde, sospeso fra ghiaioni e rocce…praticamente un pascolo, deserto, a 2500 metri. Andrò a perdermici…
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Quando discenderò, ad un certo punto devierò per andare alla Forcella Paschè, nelle cui vicinanze dovrei trovare molti resti dei baraccamenti e delle postazioni di osservazione e di difesa erette dagli Austriaci sempre durante la Grande Guerra. E’ laggiù, fra il verde…
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Su ogni cima, spesso ai piedi della croce di vetta, c’è il cosiddetto “libro di vetta”, sul quale gli scalatori riportano la data dell’ascensione compiuta, l’ora d’arrivo, la provenienza, la firma ed un breve pensiero, una piccola impressione. E così ho fatto anch’io…
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Dalla vetta, posso ora ammirare tutta la Val S. Nicolò. Stamattina ero là in basso e osservavo con soggezione questa montagna. Adesso sono invece quassù e mi sento il più privilegiato degli ospiti. Laggiù, infine, Maria aspetta mie notizie…
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Caro buon vecchio Gruppo del Catinaccio, quando distendi le ali, come adesso, sei inarrivabile, sei magnifico…possente e leggiadro al tempo stesso…e le nuvole ti fanno corona.
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Laggiù, nella diafana luce del primo pomeriggio c’è il Gruppo del Latemar, preceduto dalle cime dei Monzoni-Vallaccia, le "quinte" della Val S. Nicolò.
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Il Vernel e la Marmolada, la Regina delle Dolomiti con i suoi 3343 metri, separati dalla Forcella Marmolada; a destra la Cima d’Ombretta. Siamo nel cuore della Ladinia. Nella culla di antichissime leggende…
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Da questo bellissimo ballatoio ad un niente dal cielo, alto sugli uomini e sulle cose, ammiro forse il più bel panorama a 360° da me mai goduto. Lì davanti a me c’è il Collac, dietro compare il famosissimo Gruppo del Sassolungo. Laggiù verso destra, in ombra, le Odle, le montagne care a Messner. A destra il Piz Ciavazes del Sella. Ogni cima un tuffo al cuore…
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Dopo un ultimo balzo (si fa così per dire!), eccomi sulla cima del Col Ombèrt, in perfetta solitudine, sotto la croce di vetta. Una dolce gioia ed una serena soddisfazione mi pervadono. Ringrazio tanti mentalmente…non sono mai stato solo, infatti, durante l’ascensione.
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Il Sasso Vernale e, lontano a destra, in ombra, il Sasso di Valfredda. La vedretta (il nevaio, cioè) del Vernale è completamente disciolta. Al suo posto solo un ghiaione…
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Sono sulla ripidissima lingua di terra e salgo lentamente, ma con continuità. Affiora così, sulla destra, la Cima Uomo (di là c’è il Passo S. Pellegrino) e sulla sinistra la Cima Cadina Occidentale. Fra loro, alcuni bizzarri cocuzzoli ed una roccia forata.
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Per la sua ricerca, mi affido agli “ometti di pietra”, quei piccoli cumuli di sassi ammonticchiati dalle guide alpine e dagli escursionisti stessi per marcare la via.
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Davanti a me il canalone di terra e di ghiaietto che dovrò risalire…lì in prossimità dell’ombra. Immagino, e spero, che un tortuoso sentierino m’accompagni. L’importante è però, adesso, uscire dalla conca detritica in cui mi trovo e trovare al più presto l’attacco del sentiero.
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Devo restare però concentrato. Far sì che il passo sia sempre regolare, oserei dire monotono. Il tempo che passa può diventare l’ostacolo più duro. Se ti pare che passi velocemente, allora affretti il passo e vai presto in debito d’ossigeno. E sei costretto ad arrenderti… Nella scarsissima cotica erbosa presente fra le rocce, incontro questo gasteromicete, a 2500 metri di quota circa.
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Comincia subito ripida la via normale di salita. Laggiù ci sono il famosissimo Rifugio Contrìn e la Val Rosalia. Ogni località è una conferma, una gioia improvvisa.
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Alla fine della discesa devo risalire uno zoccolo roccioso dal quale inquadro alcuni resti delle fortificazioni austriache della Grande Guerra.
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Purtroppo, per andare ad attaccare la “via normale” di salita al Col Ombèrt bisogna sprecare molto del dislivello guadagnato in precedenza. Devo infatti scendere seguendo quel sentierino che taglia il ghiaione alla base settentrionale della montagna. Un attimo di scoramento, a questo punto, lo provo, ve lo confesso…
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Un ultimo sguardo al sentiero percorso, la via scelta per il ritorno infatti non mi riporterà qui. Laggiù, inondate di sole, le montagne più care, quelle del Catinaccio. Sulla sinistra, a metà, la piana dove si trova Maria.
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Ma se guardo a destra, sopra il rifugio, trovo la massiccia mole del Col Ombèrt. Mi aspetta…Non mi sgomento, oggi sto bene, il corpo è leggero, l’anima pure. Vado verso il rifugio.
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Sul Passo, girandomi a sinistra, mi appare in lontananza il Gruppo del Sella, con la piramide del Piz Boè ed il Sass Pordoi e l’arrivo della funivia. Sotto di me gli alti pascoli dei Prà di Contrìn. Gli occhi indugiano a lungo su questi luoghi…