tyrnanog

Eppure, nonostante il clima rigido, ad un certo punto mi ritrovo questo piccolo eterottero posato sulla spalla. Lo adagio delicatamente sul muschio e lo fotografo. Decisamente è un insetto adulto e sembra un'Elasmucha ferrugata, ma parecchio più piccola (7 mm) di quelle fotografate l'anno scorso. Dubito che si sia ristretta per il freddo: dimorfismo sessuale? (Boh! non sono un esperto)

Poco distante ne spunta un altro esemplare da sotto le foglie ghiacciate.

Al margine della forestale compare un gruppo di... fantasmi... da tanto sono sbiancati per il gelo e la vecchiaia. Solo il più piccolo tradisce la loro vera natura: Stropharia aeruginosa.

… rettifico: SONO induriti dal gelo! Ho provato a battere un colpetto con l'unghia su questi eterei funghetti: sembrano fatti di plastica rigida (ed emettono lo stesso suono sordo).

Giovedì mattina; ormai è tempo di iniziare a muoversi un po' di più dopo l'operazione, ma fa un freddo barbino! I vecchi funghi che ancora spuntano dal tappeto di foglie morte non hanno un'aria particolarmente florida e sembrano induriti dal gelo...

E che dire di questi piccolissimi bozzoli (almeno presumo che siano tali), di appena tre millimetri, da cui sono evidentemente sfarfallati insettini altrettanto minuscoli, dopo averne ritagliato un'estremità con metodica precisione. Sulla corteccia di questo larice ce n'erano alcuni gruppetti, tutti in doppia fila e con gli opercoli rigorosamente rivolti verso l'esterno; veramente curiosi!

E finalmente, dopo una decina di giorni di riposo, ho ricominciato a mettere insieme qualche passo nel bosco dietro casa. Per ora nulla di trascendentale; giusto il tratto di sentiero in piano a ridosso dei primi alberi, ma è quanto basta per fare ancora qualche incontro insperato. È il caso di questi funghetti arrampicati sul muschio che ricopre la base di un peccio; con la neve e le gelate notturne non mi aspettavo proprio di trovarli!

Sarà perché ho citato i Celti, ma questa forma mi mette un tantino di inquietudine, dato che le antiche cronache riferiscono dell'usanza di ardere vivi i guerrieri nemici, presi prigionieri in battaglia, proprio all'interno di gabbie intrecciate simili a quella della foto. Purtroppo questa volta non posso mostrarvi le pire accese, perché proprio il giorno di S. Martino sono rientrato dall'ospedale e non era il caso di mischiarsi alla folla festante, con tanto di campanacci da mucca agitati a tutto spiano e le solite colossali sbornie che alla festa non aggiungono proprio nulla, ma che purtroppo sembra non si riesca mai a scongiurare.

Quella del rione “Sommavilla” è sempre la migliore! Quest'anno tornano a cimentarsi nella forma a “fiasco di vino”. A proposito: l'orrendo tetto metallico in secondo piano al centro della piazza, che nasconde in parte il fianco della chiesa, è quello del Museo Geologico dove lavoro. Se capitate da queste parti...

Dicevamo della festa di Samain, che iniziava nel giorno in cui ora viene proposta la sua consumistica parodia, Halloween, per proseguire per due settimane circa. Di questa festa, a Predazzo rimane l'usanza dei “fuochi di S. Martino”. Checché ne dicano certi pseudostorici, nell'area retico-alpina l'usanza dei falò era sicuramente legata al solstizio invernale; il fatto di incontrarli invece a S. Martino risale ai costumi celtici, forse importati in seguito dai Longobardi (come in certe zone del centro Italia), ma in origine tipicamente CELTICI! Ad ogni modo, ogni rione del paese costruisce la propria pira che verrà incendiata la sera del giorno 11: questa è quella del mio quartiere (quest'anno è un po' “scarsina” e pure pendente).

Benché simile ad altri già fotografati, si tratta di una specie che non avevo ancora incontrato.

Ma, nonostante il clima, sono riuscito a pescare l'ennesimo mixomicete!

Ecco, questa potrebbe essere una sorta di “emblema di stagione”. Strano che qualche scoiattolo non l'abbia notata prima; questi animaletti sono particolarmente attivi ora che si avvicina l'inverno.

Comunque, la folla di chi se ne sta semplicemente a guardare lo sviluppo degli eventi è in aumento. Ricordate il “gelatinosum” che avevo fotografato ad agosto? Già ad ottobre vi avevo mostrato che gli si era aggiunta una colonia di Lycogala; bene, ora il quadretto è completo, con la comparsa persino di una decolorata, ma freschissima Stropharia (al centro della foto scattata, badate bene, domenica 7 novembre). Ma cos'è diventato questo ceppo marcio: una mensa aziendale?

Tuttavia, benché primavera ed estate si siano sfidate nel creare mille colori, alla fine l'autunno ne conserva uno soltanto, nella speranza di imprigionarvi la luce del sole che tramonta sempre più in fretta.

Eppure, nonostante la prima neve abbia già imbiancato il fondovalle e il freddo si sia fatto decisamente pungente, all'inizio del mese la Regina dell'estate non si rassegna ancora ad abdicare.

… meglio allora cercarsi un riparo naturale... in grotta.

Ma essere previdenti non basta: bisogna saperci fare! Non mi pare che questa tettoia sia costruita a regola d'arte...

Questo suo lontano cugino, invece, giusto per non saper né leggere né scrivere, ha pensato bene di tenersi a portata di mano una coperta di muschio, sia d'estate che d'inverno; col tempo che è diventato così imprevedibile, non si sa mai.

E non sono gli unici: anche questo Glaeophyllum non si cura più che tanto della stagione avanzata. Ma lui, si sa, è un duro (in tutti i sensi)!

… questi sprovveduti “vecchietti” che, invece di cercarsi un riparo per l'inverno che incalza, si crogiolano beati all'ultimo sole.

Chissà se anche Willow ora si trova in un luogo più tranquillo e beato che non questa misera terra, sta di fatto che, per chi ama rispolverare antichi riti e religioni, l'inizio di novembre è un periodo particolare, corrispondente alla festa celtica di Samain, quando il nostro mondo entra in contatto con tutti i possibili “altri mondi”, non solo e non necessariamente quello dei morti; magari anche quello degli Elfi e di tutte le creature fiabesche che si celano nei boschi sotto mentite spoglie. Ma, dopo la nevicata di fine ottobre, strane creature in giro per il bosco non se ne incontrano più molte! Questi due, ad esempio, mi ricordano tanto “il Gatto e la Volpe” di collodiana memoria; chissà che non stiano architettando qualche tiro birbone ai danni di...

Mi rendo conto che non mi faccio vivo da un po', ma ho dovuto subire una piccola operazione chirurgica – niente di trascendentale – che mi ha tenuto lontano dal bosco per un paio di settimane. In realtà stavo preparando alcune immagini di inizio novembre quando mi hanno anticipato l'intervento, così ho dovuto rimandare il tutto. Nel frattempo, dato che sono particolarmente fortunato, mi è pure morto il micio: un bel gattone nero di nome Willow che, siccome la sorte si diverte ad ironizzare oltre misura, è morto il giorno della festa dei gatti neri, il 17 novembre. Così inizio questo resoconto con un piccolo omaggio ad un vecchio amico che era di famiglia da quasi tredici anni.

Magari sono solo imparentato con le vespe e i loro occhi compositi (forse sono il cugino di quel Dart Fener che fa capolino dal tronco marcio). Ciao, Daniele

Io fotografo con una compatta (su cavalletto) ma so per esperienza che in macro il problema si presenta spesso anche con le professionali. Utilizzo però il "trucchetto" di anteporre una "mira" di carta al momento dello scatto (con autoscatto e relativo ritardo inseriti) Sulla discussione "Fotografia digitale e tradizionale: arte e tecnica" ho postato il suggerimento nella 2a parte della piccola guida alle macro con le compatte. Ciao, Daniele