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Ennio

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  1. Caro Giacomo, come ben sai, sono nel forum solamente dal 1° aprile 2006, quindi, le precedenti attività non le ho vissute, ma vedendo il tuo resoconto fotografico, non posso non fare a meno di esprimere il mio vivo compiacimento per le sensazioni di allegra amicizia e cordialità, che trapelano da tutte le immagini. Ti auguro una serena Pasqua, con amicizia, Ennio.
  2. rassegna 14 ^ puntata fine. foto n. 11: fruttificazione di Trametes pubescens, faggeta di San Lorenzo, Comune di Castelsantangelo sul Nera (MC), m. 1600 slm, monti Sibillini, agosto 2003. Un esempio di come una fungaia possa istaurarsi nel tessuto legnoso di grandi alberi morti, nel caso specifico, un ramo principale ma secco di un faggio plurisecolare, il micelio aveva invaso completamente tutta la superfice legnosa, da terra fino a 5-6 metri di altezza, producendo una floridissima fruttificazione. Approfitto per fare a tutti voi i miei più sinceri auguri per una Santa Pasqua felice e serena, un cordiale saluto, Ennio Carassai.
  3. fungaie n. 10: un solo accenno ad un altro tipo di fruttificazioni che troviamo nei boschi. Pleurotus ostreatus, fungo saprofita per eccellenza, anche se rarissimamente lo si può trovare anche su piante ancora vive (ma fortemente malate). Moltissimi sono i funghi prodotti da fungaie vegetanti nel legno (ceppaie, grossi tronchi, ecc.), il compito di questi funghi è sostanzialmente quello di trasformare la cellulosa e la lignina, in sostanza riassimilabile dall'ecosistema bosco.
  4. fungaie n. 9: Collybia sp. Ravascletto (UD) settembre 1999, abetaia mista. La foto (senza flash) e male scannerizzata, mostra un "cerchio delle streghe" che più cerchio di così non si può; sono evidenti svariate decine di carpofori che tutti insieme, crescendo in armonia e fratellanza tra loro, rendono un utilissimo servizio al bosco, decomponendo la sostanza organica morta presente nel sottobosco.
  5. fungaie n. 8: Clitocybe nebularis, Forni di Sopra (UD), abetaia, agosto 2006. Esempio di crescita tipicamente saprofitica; basta estrarre un carpoforo dal terreno e notiamo che alla base del gambo, esso porta con se un ammasso di aghi, foglie e detriti vegetali vari, conglobati tra le ife del micelio.
  6. fungaie n.7: Amanita muscaria, m. Amiata (SI), ottobre 2000, faggeta pura d'alto fusto. Altro esempio (poco illuminato) di altra crescita gregaria e sicuramente simbionte.
  7. fungaie n. 6: cambiano ambienti e ci spostiamo all'interno dei boschi. Qui le fungaie non sono evidenti se non al momento della comparsa dei carpofori, si tratta di fruttificazioni saprofitiche o simbionti. Una delle più comuni è la fruttificazione di Suillus granulatus, simbionte del pino a due aghi, in autunno a volte si possono osservare centinaia di esemplari in pochi metri quadrati.
  8. fungaie n.5: Leucopaxillus candidus, Bormio 2000 (SO), prato pascolivo m. 1800 slm, settembre 2001. In questa foto si nota l'azione "diserbante" causata dalle sostanze ammoniacali prodotte dal micelio di questa specie; ogni anno la parte interna e più vecchia dell'erba della fungaia muore e il micelio si sposta verso altri nuovi spazi, con un'andamento +/- concentrico (come i cerchi nell'acqua quando buttiamo un sasso in uno stagno).
  9. fungaie n.4: tipica fungaia di Agaricus urinascens (ex A.alberti, macrosporus, ecc.), crescente nei prati pascolivi montani dei Sibillini, m. Abuzzago, m. 1500 slm, agosto 2000. Si evidenzia bene la striscia d'erba più verde e rigogliosa; questo fatto farebbe presupporre uno scambio di sostanze nutrienti e di acqua con il micelio fungino, tesi questa ancora non del tutto completamente chiara. Diversi eminenti studiosi sostengono infatti che tutti gli Agaricus sono esclusivamente saprofiti, altri invece propendono per una alimentazione anche simbiontica, tra cui il sottoscritto (che però non è un eminente), sta di fatto comunque, che dove c'è questa erba più verde e rigogliosa, lì ci sono gli Agaricus.
  10. fungaie n.3: un primo piano dei carpofori di questa fungaia, Tricholosporum goniospermum.
  11. fungaie n. 3 bis: ed ecco cosa si trova tra quest'erba rigogliosa e fitta.
  12. fungaie n. 3: fungaia d'alta quota a m. 1800 slm, monte Vettore (PG-AP), luglio 2005; in questo caso si tratta di fruttificazione di Tricholosporum goniospermum. Anche se il pendio è ripido e pietroso, è stata sufficente una zona più terrosa ed erbosa per poter far attecchire questa fungaia.
  13. fungaie n.2: Agaricus campestris var. squamulosus, colli Alti e bassi, Castelluccio di Norcia (PG) ottobre 2004. Altro tipo di fungaia che si rinviene spesso nei pendii montani dei monti Sibillini, con erba rada e piuttosto pietrosi, in genere fruttifica a fine estate; anche in questo caso è evidente lo sviluppo lineare o semicircolare della fruttificazione.
  14. Ciao a tutti gli "abbonati", aspettavo che si risolvesse l'inconveniente "tecnico" per postare un'altra puntata, ma visto che le cose vanno per le lunghe (capisco l'enorme lavoro che state facendo), riprendo la serie con un argomento un pò più "tecnico": due parole e qualche immagine sulle "fungaie", o meglio, sui luoghi ove spuntano i nostri amici funghi. Invito chi ne ha voglia, a contribuire con proprie immagini e pareri relativi a questo specifico aspetto, grazie, Ennio. Iniziamo con le fungare di prato, sia collinare che montano; in questi habitat possiamo osservare fruttificazioni di Agaricus, Marasmius, Calocybe, Leucopaxillus, Clitocybe, Lepista, ecc. per la maggior parte specie saprofite o pseudo-simbionti. fungaia n.1: Agaricus campestris, Roverè Veronese (VR), ottobre 2000, prato altocollinare. è la più "classica", e la prima che si impara a riconoscere, comune nei terreni erbosi di collina e bassa montagna, in genere adibiti a pascolo, quindi ricchi di sostanza organica. In questi casi, il micelio si può propagare sia in maniera circolare che +/- lineare, al volte anche per molti metri, sono le prime a fruttificare gia in primavera inoltrata.
  15. l'ultima immagine riguarda la 2^ specie: Agrocybe aegerita, crescente sui resti di una ceppaia di pioppo sommersa dalla ghiaia. E' molto probabile che lo spazio circostante sia ricco di detriti legnosi derivanti dal taglio del pioppo che li cresceva: questo spiegherebbe meglio la fruttificazione del Lyophyllum loricatum, di cui c'èrano altri piccoli gruppetti nelle immediate vicinanze, un cordiale saluto da Ennio.
  16. foto n.3: Lyophyllum loricatum su ghiaia
  17. foto n. 2: Lyophyllum loricatum su ghiaia
  18. Ciao a tutti, proprio questo pomeriggio ho fatto un giretto veloce in un parco privato a qualche chilometro dalla mia città per vedere se dopo le piogge delle scorsa settimana, qualcosa si stia muovendo. Il sottobosco è molto bagnato, ma é ancora presto, aspetteremo il caldo annunciato dai meteorologi; in compenso in un vialetto ghiaioso ho trovato due specie ....... 1) Lyophyllum loricatum, proprio la specie di cui tanto abbiamo discusso in recenti interventi, e per confermare l'ubiquità di questa specie, ecco una crescita su ghiaia.
  19. Ciao Piero, i Lyophyllum appartenenti alla Sezione Difformia (conglobatum, decastes, loricatum, ecc.) sono tutti terricoli, anche se molto spesso crescono in prossimità di ceppaie, vecchie radici seminterrate o in terreni molto ricchi di detriti legnosi, crescita cespitosa (gambi separati ma uniti strettamente alla base) o anche connata (gambi emergenti da una base comune). spero di esserti stato di aiuto, saluti, Ennio.
  20. Ciao Carletto, nessuna relazione con resti di fuochi, più semplicemente il termine cinerascens si riferisce al colore +/- grigio-cinereo della cuticola. PS: Loris, non sono un grande esperto, ma solo grande appassionato, comunque grazie per l'apprezzamento, Ennio.
  21. Ciao Loris, se si tratta di Lyophyllum loricatum, il periodo va bene; allego la foto di una raccolta effettuata durante il 59° Comitato Scientifico Nazionale dell'AMB di Sarnano (MC) il 2 maggio 2002, per il resto vedi anche il mio precedente intervento, un salutone, Ennio.
  22. Ciao Massimo, in effetti sui 7 volumi del Cetto queste specie (aggregatum, connatum, loricatum, decastes, cinerascens, ecc.) vengono tutte collocate nel genere Clitocybe. Ma si sa; il Cetto è un'opera divulgativa che è stata la base di studio per molti appassionati (compreso il sottoscritto), ma adotta la sistematica e la nomenclatura di quei tempi (anni 1970). Ora tutte le specie sudette, sono state inserite da qualche anno, nel Genere Lyophyllum, e sono state anche oggetto di una profonda e validissima revisione ad opera di Giovanni Consiglio e Marco Contu, pubblicata sul numero di aprile-giuno 2002 della Rivista di Micologia dell'AMB. Per la specie postata da Loris; se il cappello presenta una consistenza "elastico-gommosa" (stretto tra le dita, ritorna poi alla forma originale senza rompersi), e una cuticola dura, come cartapesta, allora penserei ad un probabile Lyophyllum loricatum, anch'esso ottimo commestibile. un cordiale saluto, Ennio.
  23. Ciao Loris, i Pluteus sono eterogenei e quasi esclusivamente lignicoli. La specie ipotizzata dagli altri amici potrebbe essere giusta se era crescente su ceppaia o residui legnosi e non presentava resti di volva alla base del gambo, altrimenti potremo pensare ad una Volvariella sp. Comunque i Pluteus non sono pochi e diverse specie si assomigliano molto macroscopicamente, un caro saluto, Ennio.
  24. Ciao Fran, negli aspetti legati alla tossicità dei funghi, è bene chiarire a fondo la questione, non lasciando adito a male interpretazioni che potrebbero indurre chi legge (se poco esperto) ad un incauto utilizzo. 1) Gyromitra gigas è potenzialmente MORTALE da cruda e rimane +/- tossica dopo cottura, le intossicazioni da cotta sono dovute sopratutto a pasti ravvicinati della stessa specie (tossicità per accumulo). Anche se alcuni autori non sono completamente d'accordo sulla sua pericolosità, a scopo precauzionale, penso sia bene ASTENERSI dal consumare funghi di questo genere. 2) Gyromitra esculenta, il cui nome significa "buona da mangiare" è invece tossica da cruda e a volte lo risulta anche da cotta, specialmente in soggetti "predisposti" quindi anche questa specie, se pur meno pericolosa della gigas, sarebbe da non raccogliere e consumare. Poi c'è anche chi asserisce di mangiare comunque l'una e l'altra: ma questa è tutta un'altra storia. un cordiale saluto, Ennio.
  25. Approfitto di questo intervento per chiarire che tutti i funghi appartenenti alle Famiglie delle Morchellaceae e delle Helvellaceae, comprendente i Generi Morchella, Helvella, Gyromitra, Mitrophora, Verpa, contengono una sostanza tossica termolabile (acido helvellico) che sottoposto per un certo periodo (20' di bollitura), perde la sua tossicità. Un'avvertenza particolare invece per la Gyromitra esculenta e gigas; se consumate crude sono potenzialmente mortali e comunque poco cotte hanno provocato molte intossicazioni, sopratutto per pasti ravvicinati, in questo caso la sotanza velenosa responsabile è la giromitrina. Seccate e private del gambo, sembra perdano parte delle loro tossicità.
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